Reddito di cittadinanza uguale "parassiti pagati per stare seduti in salotto". Strumento che "ha ingrassato i furbi". La campagna dei media controllati dai padroni e condotta anche dai loro esecutori politici contro il Rdc è stata incessante, martellante, ossessiva. (one thread)
Un bombardamento massmediatico sullo strumento e soprattutto sul cosiddetto popolo dei furbetti – la cui esistenza ne minerebbe in toto l’efficacia – strumentalmente necessaria a colonizzare le menti, a costruire e orientare opinione pubblica.
Se la stessa quotidiana attenzione fosse dedicata alle violazioni delle imprese hai voglia a fare titoloni urlati. Basta scorrere il report dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con i numeri relativi all’attività di controllo aggiornati al periodo gennaio-settembre 2020.
A fronte di 75mila aziende ispezionate, il 70% non era in regola. Oltre 10mila violazioni accertate su norme relative a salute e sicurezza sul lavoro; oltre 57mila violazioni amministrative, circa 3.500 violazioni penali. In totale 47mila i lavoratori interessati.
Leggiamo o ascoltiamo notizie di questo tipo ogni giorno? Macchè, magari giusto alla presentazione del report annuale. Perché nei mattinali di carabinieri e finanzieri, ligi a girare veline ai giornalisti, questi dati non sono forniti per alimentare campagne di indignazione?
E invece nel mirino dei media, origine di tutti i mali, sterco del diavolo e immorale forma di assistenzialismo, finisce il Reddito di cittadinanza. Assistenza o sussistenza che non piace al premier incaricato Mario Draghi, come da discorso al Meeting di Rimini di giugno.
Ancora ieri La Stampa ha dedicato un approfondimento sul tema. E vediamoli questi numeri scandalosi. 3,3 milioni di persone hanno beneficiato del Rdc, 1,3 milioni le famiglie coinvolte, con un importo medio mensile di max di 561 euro tra reddito e integrazione al fitto.
E i furbetti? Quelli senza requisiti accertati sono 48mila, vale a dire l’1,5%. Nel paese dell’evasione fiscale da oltre 100 miliardi l'anno un dato quasi strutturale. Ma ammettiamo fossero anche quattro volte tanto, basterebbe per urlare al fallimento della misura?
In Italia prima dell’emergenza sanitaria che ha acuito povertà e fragilità sociali, le persone in condizioni di povertà assoluta erano 4,6 milioni (il 7,7% del totale), 1,7 milioni le famiglie. Quindi il Rdc se un limite ha avuto è di non aver coperto tutta la fascia del bisogno.
Per l’Alleanza contro la povertà, che unisce oltre 35 organizzazioni, per realizzare un Reddito di inclusione sociale servirebbero 7,1 miliardi l’anno per dare un sostegno a tutti gli individui che rientrano proprio nella fascia di povertà assoluta.
Certo pensare di utilizzare uno strumento di contrasto alla povertà come leva di politica attiva del lavoro è stata una cazzata, e di questo magari si discute. La disoccupazione c’è perché mancano opportunità di lavoro più che per un deficit di incontro tra domanda-offerta.
Quel che serve, soprattutto nella lunga fase di crisi che viviamo e che non sarà superata con la fine dell’emergenza sanitaria, è un reddito di base universale e incondizionato, legato a interventi di inclusione sociale e non all’obbligo di essere produttivi.
La povertà non solo non è stata abolita – come hanno urlato quelle teste di cazzo pentastellate - ma si è trasformata in vergogna, la si è colpevolizzata. Meglio dare quei soldi alle imprese, si è detto da destra e da sinistra, che loro sì che creano lavoro.
Subalternità ai padroni che riecheggia anche dai rumors sulla formazione del futuro governo e i futuri provvedimenti. “I sussidi finiranno”, disse a giugno Draghi. Parlava di quelli alle persone, dubitiamo saranno messi in discussione quelli alle imprese. Che già sbavano.
Dopo tutto lo ha detto anche l’Fmi che il Reddito di cittadinanza è troppo alto e disincentiva il lavoro. Un'affermazione che svela due cose note: che forse un reddito di base serve per potersi sottrarre al ricatto di un lavoro e un reddito a qualunque condizione.
Che i salari al tempo del lavoro precario, intermittente e part time sono mediamente salari di merda. Nemmeno di sussistenza. Meglio i titoli urlati, mentre alcuni economisti ricordano come la stagnazione secolare dell’economia sia proprio figlia della povertà diffusa.
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